TRIESTE, 07 GIU. ’22 –RUOLI CHIAVE QUELLI DELL’INFETTIVOLOGO E DELL’INFERMIERE-ACCOMPAGNATORE
“Il punto di forza di questo percorso è legato alla presenza dell’infettivologo nei centri per tossicodipendenti, perché il paziente che fa uso di sostanze non si sposta facilmente da una sede all’altra. Quindi abbiamo potuto operare in questo ambito in maniera positiva proprio spostandoci dall’ospedale al territorio. Questa comunione di intenti tra ospedale e territorio è fondamentale”. Così Roberto Luzzati, Direttore della Struttura Complessa di Malattie infettive dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina, intervenuto a Trieste al corso di formazione ECM sulla gestione dei pazienti con epatite C tossicodipendenti, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo incondizionato di Abbvie e il patrocinio di SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD. Il corso di aggiornamento, a cui ha preso parte una cinquantina di professionisti dell’ASUGI, fa parte del progetto HAND (Hepatitis in Addiction Network Delivery) che mira a creare una rete di diagnosi, presa in carico e terapia, alla luce dei nuovi farmaci in uso dal 2014 che garantiscono una guarigione dall’epatite C prossima al 100%. Dall’altra parte vi è il problema della diagnosi, evidenzia Ivo Crosato, Dirigente Medico di Malattie infettive dell’ASUGI.
“La rete patologica regionale, sotto il coordinamento di ARCS – sottolinea Saveria Lory Crocè, Direttrice Struttura Complessa Clinica Patologie del Fegato ASUGI – è giunta in sostanza alla produzione di un documento, le Linee di indirizzo per il trattamento delle infezioni da virus dell’Epatite C. La rete patologica regionale si avvale di diverse professionalità, che verranno ulteriormente implementate negli anni a venire, perché dal 2014, anno in cui è nata, lo scenario si è modificato pesantemente, e quindi servirà tutta una serie di professionalità che allora mancavano. In ogni caso possiamo dire che è giunta in sostanza la produzione di questo documento che stigmatizza le sedi di prescrivibilità del farmaco in tutte e tre le aziende regionali ASUFC, ASUGI e ASFO, e ci porta poi alla identificazione anche di tutti quelli che sono i Ser.D. della regione, come sono identificati, quali sono i contatti, sia in termini di mail che di numeri telefonici, sia dei Ser.D. che delle sedi epatologiche di riferimento”.
In tutti e tre i Servizi per le Dipendenze della regione, aggiunge Roberta Balestra, Direttrice del Dipartimento Dipendenze dell’ASUGI, “c’è un’attenzione specifica partita parecchi anni fa sul problema dell’epatite C. Quindi lo screening e la presa in carico avvengono strutturalmente all’interno dei Ser.D., e poi si lavora in maniera interdisciplinare con gli specialisti ospedalieri”. La realtà triestina da questo punto di vista sta facendo un ottimo lavoro, prosegue Balestra, “un punto di miglioramento potrebbe essere quello di sviluppo a livello regionale, e rendere più omogeneo questo tipo di percorso in tutte le aziende”. Secondo la prassi triestina, che nel prepandemia ha trattato annualmente oltre 100 pazienti con HCV tossicodipendenti, scesi a circa 40 in pandemia, e ora nuovamente in ripresa, si prevede che i primi test rapidi vengano eseguiti nel Ser.D., sul modello costruito nella lotta all’HIV. Le persone che risultano positive vengono poi accompagnate in ospedale per ulteriori esami e la terapia, e continuano a essere accompagnati anche dopo dal personale del Ser.D. per assicurarsi che ricevano le cure. In questo lavoro, conclude Balestra, è centrale il ruolo dell’infermiere.